lunedì 16 febbraio 2015

ode a San Candido

quando sono felice, di quella felicità che solo l’incontro con un’altra persona può dare
e non voglio condividerla con nessuno per paura di sciuparla. 

quando non riesco a dormire perché in città fa troppo caldo, di quel caldo che pensi seriamente di staccarti la pelle di dosso, e so che a 150 km di distanza posso infilarmi in un piumone. 

quando sono triste, di quella tristezza che solo la fine di un amore può scatenare, e non voglio vedere nessuno, solo le montagne. 

quando voglio fare sport in mezzo a qualcosa di bello, di così bello che ogni volta che lo vedo mi stupisco nonostante ormai siano quasi 32 anni, e anche solo respirare lì diventa una magia. 

quando ho bisogno di star da sola, perché forse è la volta buona che riesco ad ascoltarmi per bene, e vedere i negozi, ristoranti e bar chiusi perché fuori stagione mi rilassa senza deprimermi. 

quando voglio salutare chi non c’è più e, non potendo andare a Genova, vado ad accendere una candela ai nonni bis per sentirmi in pace con il mondo. 

quando ho così voglia di staccare dalla vita vera che spengo pure il telefono, salgo su senza una ragione precisa e poi essere lì senza pensare a niente mi fa ricordare tutta la mia vita, facendomi sorridere. 

quando ho voglia di parlare con amici che conosco da sempre davanti a qualche bolla
e tornando a casa penso sempre che culo abbiamo avuto a conoscerci, ad andare d’accordo e a essere così come siamo. 

quando sciare, camminare e correre sembrano l'unica soluzione plausibile per concludere la settimana e farlo secondo i miei ritmi e desideri mi soddisfa enormemente. 

quando ho bisogno di sentirmi a casa, quella sulle montagne, e quasi per proprietà transitiva mi sembra di essere sul mare. 

quando so che a qualsiasi emozione, sensazione o esigenza 
rispondo nell'unico modo in cui riesco: San Candido. 

martedì 3 febbraio 2015

destino, fato, sorte e tutto il resto

il destino è la necessità che sembra determinare gli eventi e che appare esterna e superiore alla volontà dell’uomo, 
in pratica la legge ineluttabile che domina l’universo o fato
e la predeterminazione della vita umana in forza della quale il futuro è già deciso, 
talvolta assumendo la forma di caso, combinazione e sorte

destino, fato e sorte sono chiaramente sinonimi o, come dico un mio amico, sono solo modi diversi di dare la colpa a qualcun altro di quello che non siamo in grado di affrontare. 

io ho una diversa percezione, ovviamente personalissima e mia. 

chiamo fato quello che controlla le cose grandi, quasi più grandi di noi, 
come una nevicata che costringe un giovane uomo a rimanere a in montagna e a conoscere così una ragazza con la quale anni dopo fa una famiglia, 
come due amiche dello stesso paese che sposano due uomini, ognuno di città diverse, ma accomunati da un flirt con due sorelle, 
come intuire in una persona che conosciamo appena che sia la persona per vita, così, lo sappiamo e basta.

chiamo fato quello che ci spinge a fare un viaggio senza alcuna voglia e poi quel periodo, seppur breve, ci cambia la vita, 
quello che ci fa rispondere al telefono da un numero sconosciuto e quella chiamata ci fa andare via di casa per rincorrere chi stiamo per diventare, 
quello che ci fa conoscere persone che diventano così intime, così nostre, che sappiamo che non ci sarà km, fidanzato o esistenza che possa cambiare le cose. 

chiamo destino quello che ci aiuta o ci frega con cose più piccole ma che cambiano un po', soprattutto le persone, 
come chi ci è inaspettatamente vicino quando muore qualcuno a noi molto caro, che allora forse era giusto così, 
come quando pensiamo di aver assolutamente bisogno di sci nuovi e la settimana dopo ci chiamano per dirci che ne abbiamo vinti un paio grazie a un concorso al quale non ricordiamo neppure di aver partecipato, 
come quando pensiamo che se non fossimo passati con l’arancione non avremmo fatto un incidente decine di km dopo. 

chiamo destino quello che ci fa trovare tra le mani un oggetto che credevamo di aver perso per sempre,  proprio nel momento in cui non speravamo neppure più di trovarlo,
quello che ci fa pensare che ogni persona che conosciamo fa parte della nostra vita con un compito preciso, sia esso massacrarci, venderci le fragole o farci provare un vestito delizioso, 
quello che ci fa incontrare la persona giusta al momento giusto, che magari quel momento dura poco ma va bene così. 

chiamo sorte i casi, soprattutto le sfighe, che non cambiano né noi né la nostra vita se non per pochi momenti, 
come quando pestiamo una merda di cane proprio il giorno che abbiamo deciso di indossare scarpe nuove, 
come quando incontriamo una persona di cui non ricordiamo minimamente il nome e non sappiamo come presentare chi ci è vicino, 
come quando dei pezzi di merda entrano in casa nostra per rubare proprio quando abbiamo lasciato l’anello a cui più tenevamo al mondo fuori dalla cassaforte. 

chiamo sorte quella che nei modi dire è accompagnata a ironia, 
quella che ci fa incontrare chi non vorremmo proprio nel momento in cui abbassiamo la guardia, e ci fa così rabbia che ci viene da sorridere, 
quella che ci fa sbagliare cose che facciamo tutti i giorni meccanicamente proprio quando siamo davanti al capo o che ci fa scegliere regolarmente gli uomini sbagliati, 
quella che inizi a canticchiare and isn’it ironic, don’t you think, a little too ironic

insomma, io penso che non siamo solo nelle nostri mani, nelle mani di chi ci ha cresciuto o in quelle in cui scegliamo di essere per un po’. 

sì, penso ci sia di più, molto di più; 
ma penso anche che ogni tanto, guardandoci allo specchio, dovremmo chiederci se un po’ di responsabilità in tutto questo non sia anche un po’ nostra. almeno per quanto riguarda la sorte che, diciamocelo, più che di destino è spesso sinonimo di sfiga.