martedì 28 aprile 2015

tutto il casino che c'è

allora, questa cosa dei tempi dei verbi mi ha sempre fatto uscire di testa, 
non perché io amassi alla follia l’analisi grammaticale (così tanto che in un passato remoto della mia vita facevo l’analisi logica di quanto mi veniva detto in tempo reale) 
ma perché mi scorno di continuo con la questione passato-presente-futuro. 

del passato ho parlato in tantissimi post e ancora non ho un’idea precisa: 
è un prezioso alleato che ha formato la tua persona e ricordarlo ti fa capire dove sei arrivata
o è un’enorme palla al piede che pregiudica il tuo presente e quindi determinerà il tuo futuro?
è la coperta calda in cui ti crogioli nei momenti difficili quando sei in grado di selezionare i ricordi migliori
o è l’incubo ricorrente che ti perseguita da sveglia quando senti nell’aria un profumo che ti rimanda a un periodo triste?
è l’affascinante consapevolezza che ti fa credere di essere affascinante
o l’ingombrante spazio che crei tra te e le altre persone? 

il presente lo vedo in maniera diversa a seconda dei mesi, dei giorni o delle ore, del resto sono piuttosto schizofrenica: 
è l’unico momento che vale la pena vivere, concetto che di base con cui giustifichi le cazzate che fai,
o solo un attimo da superare perché non hai voglia di far niente, vuoi tornare bambina o vuoi essere già in pensione?
è il tempo giusto per impegnarti fino a sfinirti perché sei certa che determinerà il miglioramento della tua vita 
o la pochezza dell’attimo di sapere che se pesti una merda per strada sai che nell’immediato futuro pulirai le scarpe?
è quel giorno così felice che, ancora non lo sai, ne ricorderai ogni dettaglio, ogni sfumatura, ogni singolo profumo per una marea di mesi
o quell’ora da annoverare come le più brutte della tua vita che speri di dimenticare tutto subito, magari con un cocktail, anche se sai che ti perseguiterà a lungo?

per quanto riguarda il futuro, neanche a dirlo, non ho la più pallida idea di cosa rappresenti per me: 
è un elemento sopravvalutato, cioè qualcosa di assolutamente indefinito perché tanto poi ci pensa la vita a smentirti
o la molla che ti spinge a costruirti un percorso oggi perché vuoi essere migliore domani? 
è la meta verso cui tendere con determinazione e abnegazione
o ti rendi conto che per quanto pianifichi i tuoi giorni potrai essere smentito in un qualsiasi momento da eventi incontrollabili quindi non fai niente?
è un sogno da realizzare
o uno spauracchio di cui avere paura?

insomma, non lo so. 
non so cosa rispondermi e non so cosa chiedermi, 
cambio idea continuamente in perenne lotta con me stessa, 
che per inciso sono il prodotto del mio passato che sta vivendo nel presente e che si presume avrà un futuro. 

forse, però, tutto questo casino non è malaccio. 
forse, però, tutto questo casino serve

venerdì 3 aprile 2015

long train running

il primo che ho preso dopo anni di Aygo è stato enormemente rassicurante, forse perché l’incidente era ancora fresco,
mi ha accolta nel deserto di una tarda mattinata di un mercoledì qualunque 
e mi ha portato a casa, dove potevo dormire più o meno tranquilla e accendere un cero in Chiesa. 

poi ne ho presi tanti, con stati d’animo così diversi tra loro che se potessero parlare chissà cosa direbbero di me. 

l’ho preso per occasioni speciali, il mio compleanno, Natale o la nascita di un bimbo, con l’intento di replicare la festa già fatta qui,
per passare qualche ora di felicità con una persona, quando l’euforia di partire non mi faceva neppure uccidere un vicino di posto molesto
e per andare a vedere da vicino cosa succede quando qualcosa finisce, che tipo di sguardo ha un addio. 

l’ho preso per raggiungere l’unico posto al mondo che mi fa ascoltare i miei pensieri fino a farli tacere senza che questa pratica non mi sembri un’enorme perdita di tempo, 
per andare a respirare da sola, lassù dove osano le aquile e si respira molto meglio 
e per divertirmi sulla neve, sola, con amici, in compagnia. 

l’ho preso che ero felice, incazzata, stanca, 
triste o malinconica. 

l’ho preso e mi ha fatto conoscere di tutto, dal caso umano con problemi seri, che naturalmente sceglieva di parlare con me, 
al napoletano del bar che sosteneva di essere genovese doc nonostante l’accento, e che comunque mi ha offerto da bere, 
da quello che cercava di imbarcarmi mentre io volevo solo mi portasse la valigia perché ancora incidentata, 
al fenomeno da baraccone che si toglieva sempre le scarpe per fare 20 minuti di tragitto, dimostrando ogni volta quanto possa essere disgustoso il genere umano. 

l’ho preso per andare al mare, per tornare in montagna, per restare a casa un po’ di più; 
l’ho preso per amore, di un uomo, della famiglia, degli amici e di me stessa, 
l’ho preso per muovermi, spostarmi, cambiare e mentre mi muovevo, spostavo, cambiavo, 
 la mia vita veniva con me. 

l’ho preso quando ero felice, appagata, eccitata, 
e quando ero triste, stanca e incazzata. 

sì, ora il mio treno è passato. 
ma solo perché ora ho di nuovo la macchina.