giovedì 28 novembre 2013

e tu che gusto vuoi?


da piccoli mettiamo in bocca le cose per riconoscerle
assaggiando la vita con una leccata 
e costringendo mamma e papà a controllare bene perché dai vermi si potrebbe passare alla candeggina. 

e quanti gusti abbiamo nei nostri coni? 

il gusto del bacio della buonanotte quando qualcuno ti rimbocca le coperte, 
che intuisci appena ma che ti fa dormire felice, 
quello della tenerezza quando la domenica vai dai nonni, 
che chissà perché la merenda lì ha tutto un altro sapore
e quello del sangue quando cadi e ti rompi un labbro, 
che più lo senti più ti sembra di avere male. 

il gusto strano del primo bacio, 
che poi é come assaggiare una persona, 
quello amaro di quando hai l'influenza, 
che non va via neanche con una caramella,
e quello di quando ti addormenti con una gomma da masticare in bocca, 
che non sopporti perché quando ti svegli non ti aspetti di sapere già di  menta. 

il gusto impagabile di sentirti dire "avevi ragione", 
che anche se non conta molto resta in bocca per un po', 
quello speziato dei viaggi che hai fatto, 
che per ricordarli bene devi morderne almeno un pezzo,
e quello salato delle lacrime, 
che chissà perché quando piangi a dirotto ti viene sempre da leccarle. 

il gusto amaro dopo una qualsiasi sconfitta, personale o no, 
che diventa tollerabile solo con uno spritz campari, 
quello piccante e dolce di quando passi dal sesso al fare l'amore, 
che anche separati sono buoni, ma insieme sono da impazzire
e quello saporito di quando ti fanno un complimento sincero, 
che aspettavi da tanto tempo e ormai non ci credevi più. 

il gusto di vittoria quando dici la frase giusta al momento perfetto a una persona sbagliata, che le poche volte che succede sembra riempirti addirittura lo stomaco, 
quello del rossetto nuovo rosso fuoco, 
che quando lo metti sai che non puoi baciare nessuno finché non va via, ma vuoi mettere che stile?
e quello della focaccia con le cipolle pucciata nel caffèlatte, 
che chi ti guarda sembra disgustato ma non può capire cosa si perde. 

il gusto di cose che hai sempre mangiato, 
ma che se sono la portata di una cena speciale hanno tutto un altro sapore, 
quello di quando ti svegli in un letto non tuo, 
che magari sei disorientata all'inizio, ma poi la tua giornata sa di buono, 
e quello della felicità, 
che pure lei ne ha uno che é un insieme di tanti. 

quando si tratta di scegliere il mio cono io ne prendo sempre tre, i miei preferiti: 

il gusto di lui, 
quello di noi 
e, naturalmente, stracciatella. 

martedì 26 novembre 2013

le lettere del mio alfabeto


da piccola parlavo male, parecchio. 
probabilmente perché mettevo a caso le lettere cercando un suono che mi piacesse anche se non aveva senso. 
anzi, soprattutto se non aveva senso. 

poi ho iniziato a farci amicizia con le lettere, 
a parlarle, ascoltarle, scriverle, leggerle e sognarle. 

le ho usate per comporre parole che mi dessero un tono in caso di esami e interrogazioni anche se non sapevo nulla, 
che avessero il giusto suono a seconda della lingua che mi apprestavo a imparare
e che mi facessero stare meglio quando mi sentivo di merda, nonostante fossero frutto di interminabili monologhi tra me e me. 

le ho ascoltate nelle parole urlate durante un litigio, che i decibel alti fanno una bella differenza, 
dette da qualcuno che sembra sceglierle per farti male, che la risposta giusta ti viene in mente solo quando sei a casa
e sussurrate durante un momento di amore, sesso o dormiveglia. 

le ho lette in parole altrui trovate tra le pagina di un libro, che a volte sembra proprio che qualcuno che non conosci scriva quello che ti serve, 
nel titolo di un giornale che attira l' attenzione, che magari é una notizia insulsa ma tant'é,
e sul telefonino, quando ricevi un messaggio di notte, di quelli che lo leggi e poi non riesci più a dormire. 

le ho sognate attraverso parole dipinte tra le nuvole, un muro o l'acqua del mare, che mi hanno aperto gli occhi molto più di una sveglia al massimo volume, 
pronunciate con calma da persone che non ci sono più, che allora sì che ti fai un'idea di  quello che succede quaggiù, 
e rimaste appese alla fantasia, che anche se non é realtà quando ti svegli hai comunque il sorriso. 

le ho scritte in parole dedicate a Gesù Bambino e Babbo Natale trasformandole in desideri da esaudire, 
alle persone che secondo il mio insindacabile giudizio credevo meritassero di leggere la mia calligrafia
e a chi non riesco a esprimere davvero quello che voglio dire, che tra le righe di un foglio riesce sempre tutto molto meglio. 

poi ci sono certe lettere che per me sono ancora più importanti.

tipo la lettera che identifica il campionato dove gioca la mia squadra, 
che no, non é una cazzata, 
quella lasciata da chi se n'é andato per non tornare, 
che più ci penso e più non so cosa pensare, 
e quelle che, una dietro l'altra, compongono una parola che descrive un preciso momento della mia vita. 

ultimamente ci sono otto lettere che parlano dei miei ultimi mesi. 
messa una dopo l'altra formano un nome. 

mercoledì 20 novembre 2013

la mia chiave di lettura

io ho sempre letto, 
tanto e tutto. 

ho letto libri per bambini sentendomi già grande, 
più volte quelli di Bianca Pizzorno perché raccontavano storie divertenti
e il Piccolo Principe quando ero in terza elementare, recensendolo come un libro che fa vomitare. 

ho letto Topolino a Ste quando aveva le allucinazioni credendo di riuscire a calmarlo, 
l'odiosa storia dell'omino di pan pepato per accompagnare a letto Nucs
e almeno una pagina ogni sera per riuscire ad addormentarmi. 

ho letto storie che mi hanno fatto sognare a occhi aperti, 
trame avvincenti che non mi hanno permesso di prendere il sole per l'urgenza di sapere il finale
e romanticate che mi hanno obbligata a indossare gli occhiali scuri per non far vedere gli occhi lucidi. 

ho letto tomi insopportabili per preparare gli esami all'Università, 
ripetendo a voce alta ogni cosa che ritenevo potesse avere un senso e convenendo con i miei colleghi dell'inutilità di parecchi argomenti, 
in Chiesa quando la mia amica B si é sposata, 
tremante di emozione e commossa nel profondo del cuore, 
e a un funerale, 
con l'intento di rendere dolce un momento triste. 

ho letto gli occhi di chi mi parlava per cercare di capire davvero cosa mi stesse dicendo, 
i pensieri di chi ha diviso la sua vita con me anche per poco, 
e tutti i silenzi di una conversazione con qualcuno, cercando in quei puntini di sospensione il vero senso del confronto. 

ho letto cattiveria e invidia di chi si riteneva amico, 
mancanza di intelligenza in alcuni atteggiamenti ai quali non davo importanza
e amicizia-quasi-amore in piccole e grandi cose che mi hanno aperto gli occhi. 

ho letto con ingenuità rapporti che non hanno mai avuto un epilogo, 
con autocritica sbagli ed errori che forse mi avrebbero risparmiato dolore o figure di merda
e con partecipazione le pagine felici delle vite degli altri. 

ho letto negli incontri che ho fatto troppo, o troppo poco, 
negli scontri con le persone che ho conosciuto un'occasione per dimostrarmi chi sono
e nei confronti di chi stimo l'occasione per crescere. 

leggo e rileggo i biglietti che scrivo per accompagnare i regali che faccio, 
ogni singolo post del mio blog
e tutte le parole che tengo per me.

leggo le pagine del mio passato per imparare dai miei errori, 
per ricordare le cose belle
e per farmi trascinare dalla tenerezza di quello che ero. 

leggo il sommario del mio presente scrivendo ogni tanto una parola per riconoscermi, 
fare scelte che siano coerenti con quello che voglio
e godermi quello che vivo senza pensare troppo né a prima né a poi. 

leggo i capitoli scritti a matita del mio futuro per avere un'idea da poter cambiare di quello che sarò,
per prendere una strada diversa se la mia non dovesse più piacermi 
e per aggiungere un inserto perché gli eventi speciali, si sa, possono sempre capitare. 

leggendo libri, persone, sogni e coincidenze, 
ho trovato la chiave di lettura della mia vita. 

non è tutto,
ma credo sia abbastanza. 



venerdì 15 novembre 2013

Tod, ti ricordi...

quel giorno che ho dovuto fare l'angelo con le ali sgarruppate alla recita dell'asilo perché se no tu non l'avresti fatta?

quel giorno che hai tirato un pugno a papà svegliandolo e poi dando la colpa a me?

quel giorno che siamo andati insieme allo stadio a vedere Sampdoria - Roma e c'era anche Nucs nella pancia della mamma?

quel giorno che eravamo in Sardegna e siamo scappati dall'incendio?

quel giorno che hai detto che non avrei mai vinto quella gara di nuoto in piscina e invece ho dato il bianco anche se nuotavo con il maglione?

quel giorno che ti ho spinto mentre eri dentro il carrello della spesa e per poco non ti spacchi una gamba?

quel giorno che mi prendevi in giro perché dovevo fare la puntura dalla dottoressa e poi l'ha dovuta fare anche a tu?

quel giorno che abbiamo fatto la cresima e Nucs ha mandato a fanculo il vescovo?

quel giorno che sei scappato con il mio motorino e sei tornato a casa con un piercing al naso?

quel giorno che abbiamo fatto la prima gara dell'ospite e tu hai saltato una porta?

quel giorno che abbiamo cucinato per la mamma e il papà (hamburger e penso nient'altro)?

quel giorno che hanno fatto a me e non a te il test per vedere se eri mancino a tennis?

quel giorno che ci hanno detto che era in arrivo un fratellino o una sorellina?

quel giorno che ad Aberdeen mi hai fatto fare una pessima figura con il cameriere del ristorante (che ribadisco non mi piaceva?)

quel giorno che mi hai fatto il regalo per i miei 15 anni (e per altri 14 non me ne hai più fatti)?

quel giorno che abbiamo visto Shining di domenica pomeriggio?

quel giorno abbiamo fatto il nostro primo abbonamento di gradinata Sud insieme?

quel giorno che a Malta hai perso il portafoglio e ti ho detto di non preoccuparti?
e quando l'anno dopo l'ho perso io a Torquay?

quel giorno che abbiamo dovuto specificare di non essere fidanzati ma solo fratello e sorella?

quel giorno che sei passato sotto casa di Quarto in moto d'acqua mentre io studiavo per la maturità?
e quando ti ho spiegato la coscienza di Zeno e poi te l'hanno chiesta all' orale?

quel giorno che siamo andati a prendere Nucs a scuola e guidavi tu perché io non avevo ancora la patente?

quel giorno che sono venuta a cena a Milano?

quel giorno che hai urlato brava Ina al microfono dell'aula magna dell'Università?

quel giorno che ti ho chiamato dicendoti "la mamma ti ha beccato"?

quel giorno che ci siamo incontrati nell'ascensore di via Corsica e mi hai obbligata a togliere le scarpe perché se la mamma si accorge di che ora é, é tutta colpa tua?

quel giorno che sono venuta a prenderti in aeroporto con Lefty prima della finale di Coppa Italia?

quel giorno che tu e tuo fratello vi siete fatti buttare fuori dal Makò e io vi ho rincorso con le giacche temendo che aveste freddo?

quel giorno che abbiamo sentito il terremoto e ci siamo trovai in ingresso a sostenere che tanto noi avevamo una casa antisismica? 

quel giorno che mi hai detto che per essere bellissima "ce vo' un miracolo!"?

quel giorno che siamo andati a San Candido con l'alfa e tu mi hai fatto chiamare mille volte la mamma per sapere se stavamo facendo la strada giusta?

quel giorno che il dolore invece di separarci ci ha unito ancora di più?

quel giorno che sono venuta a Londra e ci siamo divertiti da morire?

quel giorno che siamo andati in macchina con Nucs per la prima volta?

quel giorno che abbiamo realizzato l'incredibile bottino di un guasto alla macchina per uno, sulla stessa autostrada ma in direzione opposta?

quel giorno che mi hai chiamato perché sei andato da Papa Francesco, io mi sono schiantata in autostrada e ti ho dato tutto il merito del mio essere ancora in vita?

quell'ultimo giorno che ci siamo visti e, anche se tristi, siamo riusciti a ridere lo stesso?

dal 20 dicembre 1984 non c'é giorno che non abbia, a volte mio malgrado, diviso con te. 

ci siamo insultati, 
picchiati, 
presi in giro e consolati. 

ci siamo cresciuti, 
rimasti vicino anche da lontano
e voluti bene nonostante due caratteri diversi. 

anche se per me rimani il biondastro da difendere con un guarda che é mio fratello, eh?, 
il cazzone molesto che mi tirava schiaffi a caso 
e il fratello più piccolo, 
sono orgogliosa di te. 

buon viaggio Tod, 
hakuna matata!

ti voglio bene, 
tua sorella maggiore Tod. 

martedì 12 novembre 2013

la mia storia con il vino

è solo con il tempo che ho imparato a conoscere il vino. 
a conoscerlo prima e ad apprezzarlo poi. 

da piccola ero solo curiosa di sapere perché i grandi facessero cin cin cono quel liquido un po' colorato, 
che assaggiavo mettendo un dito nel calice della nonna, 
e mi chiedevo perché noi non potevamo. 
che insomma, sempre aperitivo era, ma il mio succo era in un bicchiere più basso, brutto e non tintinnava soavemente. 

poi ho iniziato a conoscerlo.

l'ho conosciuto le prime volte che mangiavo la pizza il sabato sera e un solo bicchiere mi faceva girar la testa, 
quando papà mi ha detto che ero grande e quindi se vuoi un succo te lo paghi
e tutte le volte che veniva organizzata una cena tra amici. 

l'ho conosciuto quando abbiamo fatto la cena di quinta superiore e sono finita con alcuni prof a berne abbondanti quantità, 
quando dopo ore interminabili di studio mi concedevo un aperitivo con i miei indimenticabili compagni di università
e tutte le volte che uscivo con la B e dovevo ricordarmi di mangiare una gomma da masticare, 
che lei del vino non ne sopporta l'odore. 

l'ho conosciuto quando sono andata a cena con un ragazzo, 
che il primo (e ultimo) bacio é stato durante un black out al ristorante, 
tutte le volte che me ne versavo un bicchiere mentre cucinavo per qualcuno, fossero amici o fidanzati
e quando, con la fine di un Salone Nautico, l'ho usato per farci colazione con la focaccia alle 08,30 del mattino. 

l'ho apprezzato le sere che lo portavo a papà in ospedale, 
perché quell'aperitivo rappresentava un momento di normalità semplice ma necessaria, 
quando ho imparato a sceglierlo perché l'uomo di turno era assolutamente incapace di farlo, 
e quando ha rappresentato l' unica via di fuga della mia mente per non rendermi conto di essere a cena con un deficiente. 

l'ho apprezzato quando tornavo a casa e ne bevevo un bicchiere con la mamma, 
perché quel raccontarci l'una la giornata dell'altra ci rendeva ancora più vicine, 
quando mi fermavo al bar con gli amici, 
perché era davanti a quei calici pieni che ognuno raccontava un po' di sé,
e quando dovevo prendere coraggio per affrontare una situazione particolare, 
per esempio una prima uscita, un chiarimento per lasciare qualcuno o un incontro per essere lasciata. 

lo apprezzo ogni brindisi che facciamo in famiglia, 
perché ogni volta che i bicchieri si toccano ci scambiamo l'amore che non siamo in grado di dirci, 
quando finisce una giornata storta,
perché concedermene un po' mi tranquillizza e per qualche minuto penso solo all'armonia che sento tra le labbra
e se per caso mi regalano una bottiglia che mi piace, 
perché significa che un po' mi si conosce. 

lo apprezzo quando chiacchiero con un'amica, 
perché di solito aiuta a esternare dubbi, ricordi e risate, 
quando mi vedo con il nonno, 
perché é pazzesco come riusciamo a confrontarci su tutto nonostante 55 anni di differenza
e quando scendo a Genova, 
perché il rumore dei nostri due bicchieri che si incontrano é proprio diverso dal rumore di quello degli altri. 

il vino che preferisco bere in questo periodo é il Gavi  La Raia
un po' perché mi sembra di bere posti che conosco bene, 
un po' perché lo bevo solo con persone speciali, 
e un po' perché ogni sorso sembra di assistere all'eterna storia d'amore tra quel vino e la sua terra. 

in fondo a me, le storie d'amore, tutte le storie d'amore, sono sempre piaciute. 

poi c'è anche un altro discorso e cioé che credo mi assomigli: 
é delicato anche se fa 13%, 
se ne bevi una bottiglia intera perché proprio non resisti il giorno dopo non ti viene mal di testa
e se lo conosci lo apprezzi, 
se lo apprezzi non ne puoi fare a meno. 

lo so, sono immodesta, ma é così che mi piace pensare. 

martedì 5 novembre 2013

un ti voglio tra tanti vorrei

mi hanno insegnato che non si dice mai voglio, 
solo vorrei. 

e io, dico la verità, sono stata quasi sempre attenta a non sbagliarmi. 

ho detto vorrei quando l'unico mio sogno era avere Babi Mia, 
quando speravo che Ste sparisse per qualche ora 
e quando alzando la mano chiedevo alla maestra se potevo andare in bagno. 

ho detto vorrei quando ero convinta di volere tantissimo un giocattolo di dubbio gusto, 
quando scrivevo la lettera a Gesù Bambino l'1 dicembre ed elencavo i miei desideri
e quando, qualche anno dopo, alla domanda "cosa ti regalo?" rispondevo alla mamma che per Natale avrei preferito una sorpresa. 

ho detto vorrei che non mi interrogassero quando un brutto voto avrebbe rappresentato come minimo una giornata di merda e giustificazioni, 
quando chiedevo a papà se potevo andare a ballare, perché l'avrei voluto fare davvero, 
e quando mi sarebbe piaciuto che quel ragazzino mi invitasse a fare due vasche in centro, 
confrontandomi con le mie compagne di classe su questa vana speranza. 

ho detto vorrei se mi trovavo in giro per il mondo e, nonostante volessi andare fortemente in un posto preciso, non imponevo la mia scelta a nessuno, 
se a tavola chiedevo mi venisse passato il sale, formulando la frase con questo cazzo di condizionale,
e se ordinavo un cocktail da bere. 

insomma, ho sempre detto vorrei e non voglio, 
un po' per educazione, 
un po' per la mia caratteristica di volermi adattare alle situazioni
e un po' perché, pur essendo assolutista in molte cose, 
in altre preferisco lasciare un "margine di volontà", per così dire. 

poi a volte succede che finché qualcosa non sembra essere tuo,
non ti rendi conto di quanto tu l'avresti voluto
se solo avessi immaginato potesse esistere. 

mi succede raramente con le cose, 
giusto qualche deroga a un paio di scarpe, 
a una cipria perfetta 
o a un cazzo di gol della Sampdoria, 
e praticamente mai con le persone. 

però se mi succede di pensare, di scrivere e di dire a qualcuno 
ti voglio sempre, ti voglio tanto e ti voglio senza ma,  
dell'educazione e dell'erba che esiste solo nel giardino del re me ne fotto. 

è se penso a qualcuno con un ti voglio e basta
che chi o quello che avrei voluto si riduce a nulla o poco più.