martedì 30 aprile 2013

niente é come sembra

mi piace da morire il suono della parola niente,
mi piace perché mi sembra dolce, perché lascia intendere qualcosa
e perché vuol dire molto ma molto più di nulla, almeno per me.

grazie - di niente.
sì, certo niente... come se la cosa che suscita i ringraziamenti fosse roba da poco
e non impegno, dedizione e inventiva in caso di una sorpresa, 
perdita di tempo e chissà quante occasioni in caso di un favore
o banalmente perdita di denaro e ed energia. 
dico niente e va bene così ma ogni tanto, solo ogni tanto, mi mangerei una merda. 

a cosa stai pensando? - a niente.
invece sto pensando a cosa ci faccio un giovedì sera della mia giovane vita a guardare santoro con uno stronzo per assecondare la sua perversione di non fare la figura dell'idiota nelle discussioni politiche, cosa che gli riesce di rado,
o, visto che mi stai annoiando mortalmente con le tue stronzate, a quella volta che ho tirato un cartone in faccia a quello che vendeva le rose che oltre a volermela fare comprare da sola ha ben pensato di mettermi una mano sulla coscia,
o forse ancora a come é possibile che io sia diventata una persona che il più delle volte cerca di essere egoista e tant'é non ci riesce mai. 

ma cosa ti é successo? niente.
a parte il fatto che questa notte ho dormito solo un'ora perché l'ansia per una qualsiasi cazzata mi sta corrodendo e quindi ho delle occhiaie che sembrano due Salerno-Reggio Calabria,
o che ho appena realizzato che mentre le mie amiche si sposano e fanno figli io vivo appieno la mia terza adolescenza, cosa che in generale mi disturba molto poco ma vallo a spiegare agli altri, 
o ancora che mi sono buttata a capofitto in voli pindarici fantasticando su uomini che forse non esistono neppure dimenticandomi di addormentarmi prima di sognare certe cose. 

che cos'hai? niente.
é che sono sicura di avere un infarto e sono certa che l'infermiera del pronto soccorso diventerà famosa per avermi permesso di morire, 
che l'idea di dover studiare il prossimo esame "storia e rapporti tra Stato e Chiesa" mi fa venire il voltastomaco, 
e che uscire con gli occhiali da sole sempre in borsa perché so benissimo che potrei scoppiare a piangere mi rende momentaneamente patetica. 

scusa- non fa niente.
no, non importa se mi hai dimenticata come un cane randagio e hai preso l'autostrada per tornare a casa, 
né che mi hai fatto sbattere la testa con violenza inaudita facendomi rompere i denti per la prima volta, fratellino adorato, 
e neppure che grazie a te, maledetta ex del mio primo fidanzatino, ho sempre avuto 4 di scienze della terra perché tu dicevi alla prof peste e corna di me. 

perché hai le lacrime agli occhi? per niente. 
o forse perché tutte le volte che entro in gradinata, e cresce dentro nel sangue e nel cuore l'entusiasmo di andare a vedere i colori dei nostri campioni, mi ricordo di chi mi ha fatto diventare Sampdoriana e quindi mi rendo conto di quanto mi manchi, 
o perché sono terribilmente emotiva e quindi, al di là dei film, mi commuovo persino con una pubblicità del cazzo, 
o ancora perché mi sono resa conto di quanto sia stato idiota farmi prendere per il culo da qualcuno. 

insomma, dietro a ogni niente ci sono cose diverse. 
a volte é tutto un niente, altre volte in un niente c'é tutto. ed é lì che sei fottuta. 


lunedì 22 aprile 2013

diverse sfumature di dolore


quando ero piccola, per farci capire insiemi, sottoinsiemi e intersezioni, 
la maestra delle elementari ci disse di fare due cerchi separati e di scrivere in uno tutti i sentimenti e le emozioni che avremmo voluto vivere e nell'altro quello che non avremmo voluto mai provare. 
io misi tutto nel primo, amore, amicizia, odio, dolore, gioia, inimicizia, rancore... 
insomma, tutto quello che c'era. 
la maestra Zordan mi chiese perché e io le dissi che per me era giusto provare tutto, 
dolore compreso. 

e quindi é stato quasi sempre giusto provare dolore. 

dolore è stato il primo prelievo che mi hanno fatto, 
uno schiaffo della mamma perché avevo risposto male, 
la bruciatura di una sigaretta schiacciata con il piede nudo perché mi ero dimenticata di essere scalza (e idiota). 

dolore è stato quando ho preso una nota di biasimo,  
quando mio fratello mi faceva la terribile mossa dell'artiglio del falco, 
quando Nucs con soli due denti in bocca mi ha morso talmente forte da farmi uscire carne viva dalla coscia. 

dolore é stato quando il mio fidanzatino delle medie mi ha lasciato perché io ero talmente timida da non essere neppure in grado di parlargli, 
quando ho baciato uno  che non era il mio ragazzo, va beh ok il dolore é stato dopo, 
quando dopo essermi finalmente messa con quello che mi piaceva sono partita per San Diego e non volevo andarci per stare solo con lui. 

dolore é stato quando mi hanno messo a posto l'omero fratturato da sveglia, 
quando mi hanno levato i denti del giudizio,
quando mi sono quasi rotta la clavicola e l'infermiera ha creduto fossi vittima di violenza domestica. 

dolore é stato immaginare la mia vita senza papà e poi doverla vivere davvero, 
vederlo spegnersi mentre continuava a sorridere, 
pensare che mi sarei sposata (lasciatemelo credere ancora per un po') senza che lui mi dicesse "ma belin, Pinato" accompagnandomi all'altare. 

dolore é stato essere bocciata a un esame, 
il rifiuto del ragazzo di cui ero innamorata dopo solo un paio di uscite, 
Sampdoria - werder brema  e la paralisi che ne è conseguita per almeno un'ora abbondante. 

dolore è stato quando Ste si è trasferito a Londra, 
quando Lefty si é addormentato per non svegliarsi mai più
e dolore é ogni volta che Nucs sbaglia una parola della lingua italiana. 

dolore è stato lasciare il mio ex storico, 
essere lasciata da quello che credevo l'amore della mia vita, 
capire che dietro a tutto quello che volevo in realtà non c'era stato niente. 

dolore é illudersi e disilludersi, 
trovare l'equilibrio e poi cadere senza motivo, 
tuffarsi di testa in qualcosa, sbagliare la mira e prendere una panciata, 
cadere da un letto troppo piccolo e sentirsi soli a letto con un'altra persona, 
vivere un incubo e sognare l'irrealizzabile, 
rischiare tutto per niente e ottenere niente da chi ha preso il tuo tutto,
é spegnere una luce, chiudere una porta e sapere che quella persona per te non sarà mai più la stessa, 
é perdere persone care e importanti e sentirne la mancanza, 
anche solo di qualcuno che è a qualche chilometro da te.  

sì, il dolore fa parte della vita, 
fa crescere, si modifica e ci fa cambiare, 
assume colori, suoni e persino odori diversi, 
fa soffrire, piangere, crea dipendenza e a volte nostalgia. 

bisogna solo saperlo affrontare e, ogni tanto, lasciarci travolgere per poi riemergere. 

ma mai nella vita sopporterò il dolore dovuto alla frattura del mignolo della mano, 
o allo strappo dei legamenti del ginocchio 
o alla perdita di un pezzo di lingua morsa tra i denti. 

no, un dolore del genere non sarei affatto in grado di gestirlo. 

giovedì 18 aprile 2013

nel mondo che vorrei...

... non esisterebbero le infradito, le ciabatte e le scarpe aperte così la gente eviterebbe di mostrare i propri piedi 

... le patatine salt & vinegar non farebbero ingrassare, così come gli aperitivi e quelle 5 volte all'anno che fai la spesa con il solo obiettivo di mangiare porcate

... le persone scriverebbero molto di più e parlerebbero molto meno al telefono, visto che è una cosa che mi imbarazza da sempre

... si sarebbe un po' più sinceri, non dico del tutto perché se no sai che palle non poter sbugiardare nessuno, ma solo un pochino di più

... le persone potrebbero parlare da sole senza per forza venire derise dal primo mentecatto che passa. quando parlo o canto in macchina per evitare di addormentarmi mentre torno a Genova e per caso c'é coda, le donne di pessimo gusto che viaggiano con i piedi sul cruscotto mi guardano come fossi una marziana. io, non loro

... non esisterebbero i costumi da uomo fatti a slip. non si possono vedere

... i gechi sarebbero estinti, oppure avrebbero l'incredibile capacità di starmi alla larga

... i pesci nuoterebbero solo in alto mare, così io non avrei paura di fare il bagno rischiando l'annegamento per paralisi da orrore

... la risposta giusta, quella che regolarmente viene in mente quando l'interlocutore é già andato (si spera a cagare) sarebbe lì, a portata di punta della lingua per fare di te la persona più soddisfatta del mondo, almeno per due minuti

... le donne nascerebbero quasi completamente glabre per evitare spiacevolissimi inconvenienti dovuti a una ceretta saltata per mancanza di tempo

... il medico del pronto soccorso dove corri in una fase acuta di ipocondria o attacco di panico, assomiglierebbe molto a Patrick Dempsey. non tanto per sperare di portartelo a letto, quanto per cercare di mantenere contegno e dignità ed evitare di diventare lo zimbello del reparto

... i sogni, ma solo quelli più improbabili ed eccitanti, quelli che quando ti svegli conquisteresti il mondo, qualche volta si realizzerebbero. ma solo ogni tanto, se no sai che noia?

... le arance non avrebbero la pelle e i filamenti bianchi, così io potrei tranquillamente bere la spremuta senza doverla passare

.... tutte le storie d'amore finirebbero con un grazie di tutto da parte di chi lascia e un ma vaffanculo da chi viene lasciato

... non si litigherebbe mai con qualcuno prima di andare a dormire, a meno che non si faccia pace subito dopo. rimanere svegli tutta la notte pensando alle cose più giuste da dire é snervante

... le prime volte non conterebbero mai, in alcun campo, a meno che in conto non si mettano da subito le seconde e anche le terze

non esiste alcuna possibilità che il mondo che vorrei sia così.
coraggio allora, non mi resta che viverlo come voglio.

martedì 16 aprile 2013

sono lo stadio Luigi Ferraris...

... e nella mia vita ne ho viste molte. 

sono stato inaugurato nel 1911, 
sono stato Stadio Comunale di Via del Piano fino al 1933 
quando ho cambiato nome per Luigi Ferraris, capitano del genoa caduto in guerra, 
e sono lo stadio più antico d'Italia. 

hanno iniziato a costruirmi nel luglio del 1910 e la prima partita ufficiale è stata tra genoa e Internazionale, il 22 gennaio 1911; 
nel 1926, dopo che il genoa ha comprato la Cajenna dove giocava l'Andrea Doria hanno iniziato i lavori per allargarmi, 
facendomi diventare così uno degli stadi più moderni dell'epoca. 

ho assistito a molte partite di calcio e dal 1946 anche alle stracittadine.
ho visto bambini, adulti e donne, 
sono stato la meta di chi non voleva pensare alla guerra appena finita e a un futuro incerto, 
ho ospitato reduci e invalidi, 
e sono orgoglioso di pensare che forse in quei 90 minuti la gente ha trovato un pochino di quella serenità che andava cercando. 

ho visto le persone cambiare con il boom economico e sentito intonare cori che sembravano canzoni, 
ho assistito da lontano all'importanza del porto di Genova
e ho visto cosa può fare la furia dell'acqua del Bisagno in tante, troppe, alluvioni. 

sono stato teatro di partite storiche per le mie due squadre, 
sono stato calpestato da giocatori che sono diventati leggenda, 
ho sopportato i loro sputi, certo che dove sputassero loro l'erba crescesse più morbida. 

ho guardato con orgoglio i festeggiamenti per la vittoria di molti trofei, 
promozioni e qualificazioni importanti, 
sono stato bagnato persino di Champagne,
ho sentito il peso dei tifosi le rare volte che le autorità hanno permesso l'invasione di massa
e sono stato scelto per l'addio di molti giocatori che hanno fatto la storia della mia città, 
del calcio italiano e anche di quello mondiale. 

sono stato modificato in vista dei Mondiali del 1990 diventando così quello che sono ora, 
uno stadio mediamente piccolo, all'inglese e fottutamente bello, 
anche se il mio prato ha sempre avuto problemi di manutenzione. 

ho visto bambini piccoli venire da me in tribuna con i loro genitori, 
innamorarsi di una squadra e spostarsi, da ragazzini, dove il tifo era più caldo, 
invecchiare dove le partite si guardano bene e si sta riparati dal vento 
e so che molte persone mi guardano ancora da lassù. 

sono stato testimone di molte lacrime di gioia e dolore, 
un'infinità di urla, goal e applausi, 
di quegli applausi che i tifosi tornano a casa con le mani scorticate, 
ho sentito boati assordanti che mi hanno fatto rabbrividire ed emozionare,
il mio cuore ha ribollito sangue a ritmo di cori e tamburi
e ho visto di cosa è capace la gente di Genova quando organizza coreografie. 

ho assistito a scontri, violenza e botte, 
alla morte di Spagnolo e a parecchie contestazioni,  
il mio manto erboso ha sopportato lanci di oggetti, bruciature di fumogeni e zolle tirate via per colpa di punizioni e calci di rigore, 
sono stato violentato da tifosi ospiti e sono stato teatro di manifestazioni per bambini, partite di rugby e feste delle mie due squadre. 

ho ballato da fermo al ritmo di chi mi ha scelto per i suoi concerti, 
da Springsteen a Ligabue a Vasco Rossi,
e ho sussurrato anche io con emozione le canzoni di De André, Dalla e De Gregori. 

sono lo stadio Luigi Ferraris, 
e ne ho viste molte. 

sono la storia di Genova e sono parte della storia di molti, 
moltissimi genovesi. 

martedì 9 aprile 2013

di mamme ce n'è una per tutti, ma la mia é proprio unica

sì, ogni mamma è speciale e straordinaria e perfetta. 
ma la mia... la mia è unica. 

mia mamma è unica perché ha avuto il coraggio di sposare mio papà, 
che al di là di come è andata a finire, dev'essere stato un bell'atto d'amore misto a follia. 
e mi permetto di dirlo perché li conosco bene tutti e due. 

è unica perché quando sono nata mi portava in giro nel marsupio, ed era una delle prime, 
a costo di farsi dire da un passante maleducato che così neanche i cani
perché ha avuto subito il coraggio di fare un secondo figlio, 
nonostante io fossi una discreta rompicoglioni
e perché, non si capisce bene come, trovava il tempo di farci vestire uguali, facendoci sembrare il più delle volte due idioti. 

è unica perché ci ha inculcato in testa manie incredibili (rimando a: alcune convizioni della mamma)
delle quali ne cito alcune per importanza, tipo che non si mangiano i culetti delle banane né quelli dei wurstel perché fanno male, 
che le crostatine che fanno bene sono solo quelle alla marmellata e non al cioccolato, 
e che per sentire se un bambino ha freddo basta toccargli il naso. 

è unica perché ha quasi sempre avuto lei la responsabilità di dirci qualche no, 
che qualcuno doveva pur farlo se no chissà come saremmo cresciuti, 
perché quando ci siamo trasferiti a Novi si svegliava per mettere la legna nella caldaia
e perché anche quando Francesco andava a scuola gli preparava sempre la colazione, 
così iniziavano la giornata insieme. 

è unica perché si é dovuta appassionare al calcio, non tanto perché tifosa quanto perché se no non sapeva di cosa parlare con i suoi figli la domenica sera, 
perché dice sempre con orgoglio che noi non abbiamo fatto la tessera del tifoso sapendo esattamente di che cosa sta parlando 
e perché quando siamo arrivati quarti in campionato è venuta da sola in piazza de Ferrari sperando di incontrarmi tra migliaia di persone per partecipare alla festa. 

è unica perché quando l'amore mi ha delusa terribilmente mi ha consolato, fatto ragionare e offerto qualche aperitivo, 
perché ogni volta che Francesco viene a Genova per qualche giorno cucina i piatti che più gli piacciono e lo fa sia per lui che per i suoi amici
e perché quando qualcuno va a Londra dà pesto e parmigiano da portare a Stefano. 

è unica perché quando Stefano era nella sua fase molesta una volta gli ha tirato in faccia l'acqua che usavo per dipingere giusto per calmarlo un po', 
perché quando lo ero io mi lasciava i bigliettini sul letto per farmi riflettere, 
e quando lo era Franci... ok, no, lui non ha mai avuto la fase molesta quindi si limitava a dire a tutti con orgoglio che suo figlio era speciale. 

è unica perché mi ha permesso di avere una cavalla, e quando prendevo il treno e andavo da lei mi metteva sempre nello zaino le carote, 
perché nonostante non fosse pazza per i gatti, ha tenuto quello che abbiamo trovato sotto casa, curandolo con amore e buttandolo fuori dalla porta quando gli veniva data la colpa della pipì sul marciapiede (e sappiamo benissimo chi la faceva)
e perché ha regalato Lefty a Stefano, volendogli bene come se fosse un quarto figlio. 

è unica perché ogni compleanno, ogni festa da celebrare o ogni giorno normale ci ha sempre organizzato qualche festa, 
cucinando con passione per noi e i nostri amici nonostante fosse un'immane rottura di palle, 
perché si è sempre fermata a parlare con noi di qualsiasi cosa, 
dalle cazzate al derby, da un concerto al futuro che verrà, da un attore a un aneddoto di famiglia
e perché le piace la musica, le piacciono i concerti e ascolta addirittura i Jamiroquai. 

è unica perché non le ha mai mandate a dire a nessuno, 
e lo sa la mia amica Pri che si é imbattuta in una telefonata con il rivenditore delle auto che aveva sbagliato prezzo, 
perché ha dovuto farci anche da papà, 
e sono sicura che non sia stato facile non avere il suo sostegno e il confronto con lui, 
perché quando ognuno di noi tre ha deciso di scegliere una nuova strada e una nuova città è stata la prima a incoraggiarci, 
appoggiando le nostre decisioni con l'entusiasmo di chi ti vuole così bene da rischiare di rimanere solo. 

è unica perché ha accettato tutti i nostri difetti, 
sa esattamente quali sono le particolarità del nostro carattere, 
ci ha insegnato a volerci bene e a essere uniti, 
e per sapere come stiamo le bastava uno sguardo quando vivevamo insieme e un ciao al telefono adesso che siamo lontani. 

mia mamma è unica perché nonostante una vita complicata, 
quando sorride, 
lo fa anche con gli occhi di quel suo colore pazzesco (che non mi ha voluto dare).  

la mamma è unica perché ha grappoli di palle (permettete il francesismo), 
perché riesce ancora a farmi sentire figlia, anche ora che ho quasi 30 anni,  
e poi perché è mia e ogni volta che mi dicono che le assomiglio io sono felice. 

di mamme ce n'è una, 
ma tu sei la migliore. 

buon compleanno. 

venerdì 5 aprile 2013

Genova per me

Genova è il casello di Ovest, che quando apro il finestrino per pagare e sento l'aria umida e salata che si appoggia sul braccio, penso "ora sono a casa". 

Genova è l'odore di focaccia che mi investe all'improvviso mentre faccio una passeggiata nei vicoli, che neppure sapevo che lì vicino ci fosse un forno, è la pioggia che in certi giorni sembra voler lavare via tutto il male che c'è stato per quelle strade ed è il vento che quando soffia lascia dietro di sé il rumore degli alberi delle barche a vela. 

Genova è la bolgia colorata delle bancarelle al Porto Antico, dove sono passata talmente tanto spesso che ogni volta qualche ragazzo partito dal Senegal con una valigia di colori e un po' di speranza, mi dice "ciao Carolina, tutto bene?" con il suo accento strano, 
è la sopraelevata che taglia in due la vista sul fronte del porto dal mio terrazzo, che ogni anno dicono che prima o poi la toglieranno ma è sempre lì, 
è il mezzo negroni che mi prepara la mia amica al bar a qualsiasi ora del giorno mi veda,
che noi ci si saluta così. 

Genova è la telefonata di Robi che dice bella gnocca scendi subito
è incontrare persone che vedevo tutti i giorni per caso e sentirmi dire che sì, manchi molto, 
è prendere in braccio un bambino piccolo e sapere che la vita degli altri è cambiata per sempre. 

Genova è vedere le navi che entrano in porto, ognuna carica di storie e di vita di migliaia di persone che scelgono la mia città per partire, tornare, o semplicemente per andare e basta, 
è la fiumana di turisti e la coda per l'acquario, 
è l'aperitivo preso al volo con lo zio, per fingere un po' che sia papà 
ed è discutere di Samp e genoa e non solo di milan-juve-inter come qui. 

Genova è l'odore di pesce sulla banchina e quello di pipì di gatto nei vicoli, 
è sentire il mio accento e la mia cadenza non solo quando parlo da sola, 
è vedere le persone che vanno in motorino con qualsiasi clima, che qui si va solo così. 

Genova è la cena romantica con la mia amica b e l'aperitivo divertente con tutte le altre, 
è Eataly e sono i turisti, 
è un bacio veloce a chi è come te e una discussione seria sul futuro che verrà. 

Genova è entrare in casa e cercare ancora con lo sguardo Lefty, 
è il pranzo di Pasqua con mio fratello e la sua amica, 
è il letto a una piazza e mezza nella camera piena di foto e di peluches 
ed è dormire con un cuscino dritto e l'altro storto, un po' come faceva la mamma quando ero piccola per non farmi cadere se mi addormentavo nel lettone. 

Genova è il pesto con il basilico di Prà. 

Genova è la meta dove non vedo l'ora di arrivare
e che mi fa dare in escandescenza mezz'ora prima di ogni mia partenza. 

Genova per me è molto più di un'idea come un'altra: 
Genova sono io ed è per questo che resterò sempre legata a quella corda, 
marsa d'aegua e de sä che a me liga e a me porta 'nte 'na creuza de mä. 

martedì 2 aprile 2013

l'uomo più furbo


l'uomo più furbo viveva in una bellissima zona della sua città, 
in un appartamento piccolo e colorato che si trovava vicino al lavoro, alla famiglia e alla palestra, perché avere tutto il suo mondo a portata di mano lo faceva sentire ancora più furbo. 

l'uomo più furbo stava molto bene da solo, non dava confidenza quasi a nessuno, 
e quando andava al bar sotto casa, non si inseriva nei discorsi di chi si conosce appena come fanno tutti quanti. 

l'uomo più furbo aveva dei begli occhi azzurri che quando guardavano gli altri sembravano quasi stupiti, forse per colpa delle lenti a contatto, i capelli lunghi, di un colore che d'estate diventa biondo e d'inverno castano scuro ed é molto adatto a nascondere i capelli grigi.  

l'uomo più furbo faceva la spesa nello stesso posto quasi tutti i giorni, 
eppure nessun commerciante sapeva il suo nome o si dilungava a parlare con lui di qualche cosa, e quando arrivava a casa con i suoi soliti acquisti e non cambiava mai menù
sapeva di perdersi un po' di gusto della vita. 

l'uomo più furbo era convinto di essere una persona speciale, talmente tanto che riusciva a farlo credere a tutti, persino a quelli che di lui non sapevano neppure il nome. 

l'uomo più furbo nascondeva la sua solitudine nelle trasmissioni televisive che riteneva impegnative, nelle corse solitarie prima dell'aperitivo degli altri e nel cappuccio della sua felpa, e ogni volta che non veniva coinvolto nelle chiacchiere di chi già lo conosceva si sentiva un po' smarrito. 

l'uomo più furbo conviveva molto bene con i suoi difetti ma era bravo a nasconderli con il suo comportamento, così le persone si potevano fidare e lui poteva credere di essere molto migliore di quello che era.  

l'uomo più furbo non era capace di dare ma era molto bravo a prendere, così prendeva, prendeva tutto quello che gli passava tra le mani, togliendo colore, luce ed energia a chi gli dava tutto senza chiedere niente in cambio. 

l'uomo più furbo trovava sempre una giustificazione ai suoi errori, che poi era convinto di non sbagliare mai, ed era capace di far passare l' incapacità di amare per carattere, 
le critiche per stimoli e il suo egoismo per amor proprio. 

l'uomo più furbo in realtà non era furbo. 
a dire il vero l'uomo più furbo non era neppure tanto uomo.