lunedì 15 febbraio 2016

le parole che ci saremmo detti

questa volta te la aspetti, Adri, lo so. 
perché parliamoci chiaro, Sanremo l’abbiamo sempre visto e una canzone come questa ci avrebbe fatto ridere insieme e chissà, magari tu ti saresti pure un po’ commosso 
(se non altro perché ne avresti già compiuti 65 e l'età non agevola la freddezza). 

ti avrei detto che gli esami, sia quelli all’università sia quelli della vita, mi fanno venire ansia e che l’ansia si trasforma in mal di pancia,
e che li mal di pancia è la cosa meno indicata se uno ha un esame, sia dell’università sia della vita, 
e tu mi avresti risposto che a volte non mi rendo conto di quello che posso valere “che mica te lo dico perché sono tuo papà” , 
che per rilassarmi posso sempre bere mezzo bicchiere di vino 
e che in ogni caso nella vita tutto si può recuperare, figuriamoci un brutto voto. 

ti avrei detto che certi giorni ho paura ma una paura irrazionale, di quelle che ti prendono nel mezzo di un pomeriggio e magari nascono da una canzone che non è il momento di sentire, 
dal commento di qualche vecchio sconosciuto o da un messaggio che non sei pronto a leggere, 
e tu mi avresti detto che solo chi ha paura conosce il valore del coraggio, 
che le cose si risolvono anche quando sembra non ci sia una soluzione 
e avresti accennato “don’t you worry, don’t you worry child, see heaven’s got a plan for you” degli Swedish House Mafia (ok, non è vero, questo è un mio sogno segreto di cui la realizzazione sarebbe stata improbabile ma quando la ascolto immagino sempre tu che me la canti). 

ti avrei detto che a volte vorrei tornare indietro negli anni, tipo a quando ero piccola e facevo finta di dormire quando tornavamo tardi a casa con la macchina e tu mi portavi in braccio fino a casa, 
o a quando ti ho detto seriamente “speriamo che stanotte non mi ammazzino” come risposta alla tua buonanotte,
o più indietro ancora, a quando la mamma mi metteva in terrazza sotto le tue calze appese e io ridevo di gusto, 
e tu mi avresti detto che sì, è stato bello anche per te quando ero piccola e mi davi la mano per attraversare la strada (veramente me l’avresti data ancora, lo sappiamo entrambi), 
che però non è giusto rifugiarsi nel passato quando siamo spaventati del futuro perché così non si va da nessuna parte 
e che in ogni caso sarei sempre stata la tua bambina. 

ti avrei detto che è proprio come dice questa canzone degli Stadio, quando ti lascia un uomo non si riesce a respirare e ti avrei chiesto come cazzo si fa, papà, a continuare a svegliarsi la mattina se lui non c'è più
che non è giusto capiti sempre a me di trovare persone che mi fanno soffrire mentre io amo così tanto 
e che sarei morta da sola, senza nessuno al mio fianco
e tu mi avresti stretto, proprio come dice questa canzone degli Stadio, dicendomi che a volte gli uomini non se la sentono e preferiscono scappare, 
che comunque vale sempre la pena vivere un amore e che quando l’avrò superata lo capirò 
e avresti concluso con un semplice quanto efficace “comunque è un coglione a perderti, se vuoi glielo dico io”. 

ci saremmo detti anche molto altro, ci saremmo pure mandati a fanculo e poi ci saremmo chiesti scusa. 
è stata dura senza di te, è ancora dura, ma noi tre ce la stiamo mettendo tutta 
anche se ci manchi tanto, ci manchi sempre. 

ti voglio bene papà, 

Pinato