mercoledì 25 marzo 2015

if you see them, say hello

è molto raro che versioni diverse della stessa canzone mi piacciano in egual modo ma c'è un pezzo che mi squarta in due in qualsiasi lingua lo ascolti. 

insomma, una volta mentre sentivo la versione in italiano, 
un mio amico ha condiviso quella in inglese e lì, in questo salotto virtuale che è Facebook, abbiamo convenuto che chissà quanta gente parte della nostra vita passata non sa che teniamo un pezzo di loro addosso,
un po’ come quando ci rimane uno scontrino nella tasca dei jeans e lo ritroviamo solo quando facciamo la lavatrice. 

ce le portiamo dietro quando andiamo a fare la spesa e inconsapevolmente scegliamo la marca dello yogurt che piaceva di più a loro, 
quando compriamo una giacca dirigendoci con decisione verso un colore che non avevamo considerato prima, 
quando guardiamo una trasmissione che mai prima di qualche tempo fa ci aveva interessato. 

ce le portiamo dietro quando raccontiamo una cosa divertente che ci accomunava, 
per dare un consiglio a una cara amica le raccontiamo una cosa passata con lui o lei,
se compriamo i biglietti di un concerto di un cantautore che non conoscevamo così bene. 

ce le portiamo dietro se acquisiamo un modo di dire per un po’, 
se cambiamo marca di profumo per respirare aria nuova,
quando sentiamo la musica, l'ultima variabile che facciamo così fatica a lanciare via. 

ce le portiamo dietro nelle paure, nei sogni, in cocktail fatti bene e negli errori che giuriamo di non commettere più. 
ce le portiamo dietro senza accorgercene, come se facessero ancora parte di noi 
ce le portiamo dietro se ci chiediamo se qualcosa di noi è portato in giro da qualcuno.

poi scatta qualcosa che ci fa capire che non sono più loro che ci portiamo dietro, 
ma siamo noi con loro, quindi è solo il nostro passato. 
ed è quello il momento buono per costruire un futuro. un nuovo futuro. 

se le vedi, di’ loro ciao, 
salutale ovunque siano. 

ma solo perché siamo educati. 

mercoledì 18 marzo 2015

pezzi di attualità

non scrivo mai di attualità non perché non mi interessi, non perché non abbia un’opinione sulle cose, ma solo perché penso che: 
a. non fregherebbe un cazzo a nessuno, 
b. spesso non so analizzare i fatti con informazioni complete perché e informazioni complete sono difficili da reperire e io ho un lavoro che mi assorbe, 
c. non frega un cazzo neanche a me di far sapere come la penso su certi argomenti. la penso e basta. 

ultimamente però sono successi fatti che mi obbligano a fare considerazioni assolutamente inutili anche solo per me, quindi figuriamoci per gli altri. 

i genitori di chi tira i sassi contro le macchine in autostrada andrebbero presi e riempitidi sberloni. 
perché quando un gruppo di coglioncelli cerca di uccidere senza la minima cognizione di caua, o si tratta di una malattia innestata dagli alieni, l'ISIS o un pazzo genio del male, o il 90% della colpa è di chi ha fatto l’errore di metterli al mondo. 
io sono uscita illesa da un incidente causato da un coglione e, per quanto avrei avuto voglia di averlo per le mani, ammetto la differenza, cioè l'intenzione.
detto questo, ringrazio sentitamente il ritorno in auge della pratica proprio ora che, dopo 2 anni di assenza dall’A7, mi appresto a tornare protagonista. 

la cosa che mi stupisce più della questione Parma, oltre all’insulso ruolo della federazione giuoco calcio, istituzione che a seconda dei casi risulta inutile, spregevole o gaffeuse, è come nessuno si sia reso di come la faccia, il modo di parlare e quello di camminare di Manenti potesse portare solo guai. non bisogna essere Cesare Lombroso per capire che si farebbe fatica persino ad affidargli un cane per quei trenta secondi necessari ad allacciare le stringhe ribelli delle scarpe da ginnastica. 
oddio, se ci penso bene la cosa più sbalorditiva è che nessuno gli abbia ancora assestato un bel cartone in faccia. 

dolce & gabbana hanno tutto il diritto di dire quello che pensano, esattamente come chiunque altro. e se questo significa che courtney love bruci i di loro vestiti o Sir Elton John si senta di dire la sua, gran chi se ne frega. 
mi interessa solo che courtney non dia fuoco al vestito bianco del video malibù. 

ieri sono disgraziatamente inciampata su alta infedeltà, deprecabile trasmissione pubblicizzata con una lettera in italiano stentato scritta al corriere della sera (che si è colpevolmente prestato a questa buffonata ma sono del settore, so quanto sia importante vendere una pagina interna per un giornale nazionale), così finta che sembrava una risposta di una mamma a una letterina per Babbo Natale (di cui ne fa le veci). 
ebbene, io spero che chi racconta le proprie torbide storie in tivù mettendoci pure la sua faccia da pirla, sia davvero ben pagato perché qui siamo oltre all’ostentazione di casi umani, storie patetiche e lacrimi facili. 
qui c’è lo sputtanamento vero, quello che toglie al telespettatore persino la soddisfazione di giudicare dalla comoda poltrona con il poggiapiedi elettrico i protagonisti con epiteti che vanno dal rincoglionita allo stronzo, passando per un necessario troia:  fanno tutto loro, con dovizia di particolari.  

in merito alla ragazzata fatta dagli olandesi a Roma apro una breve parentesi, nonostante possa essere tacciata di razzismo; ho sempre considerato la maggior parte dei belgi, lussemburghesi e olandesi popolazioni assolutamente inutili (di questi ultimi apprezzo certamente Van Gogh, Gullit e i Frank De Boer che sbagliò ben due rigori durante gli europei del 2000). 
evidentemente come me la pensano anche le forze dell'ordine italiane che invece di "accoglierli" come spesso fanno con i tifosi loro connazionali, non li hanno neppure considerati. 

voglio dire un'ultima cosa prima di congedarmi con la consapevolezza di non voler trattare altri argomenti, che se no lo farei di lavoro o finirei per annoiarmi mortalmente da sola, ma un'ultima cosa la voglio dire: la Sampdoria ha vinto a Roma e il genoa ha perso in casa con il chievo. gasperini vaffanculo. 

giovedì 5 marzo 2015

les madeleines

ho scritto più volte dei ricordi, della memoria che non fa selezione, 
delle emozioni che ti travolgono all’improvviso quando meno te lo aspetti, 
di quello stimolo insignificante che ti attraversa per meno di un minuto ma è capace di farti tornare indietro di decenni, quasi fosse una piccola Delorean istantanea. 

il profumo del balsamo al cocco tremendamente anni 80 che vado ad annusare intenzionalmente quando sono da Bolle e Sapone che mi manda dritta al mare di Sori, unica bambina con Tod e Nucs in una compagnia di amici adulti, 
quello che è rimasto su un vecchio maglione che mi mettevo per far dormire Lefty, 
che mi ricorda quanto bene può esistere tra esemplari di razze così diverse
e quello che cerco di sentire con tutte le energie perché è il risultato di più elementi, 
che mi conferma che il dolore per chi ha perso una persona non passa ma diventa solo abitudine. 

il sapore del piatto che la mamma mi prepara quando ci vediamo,  
che qualsiasi esso sia mi riporta a quando tornavo da scuola ed era tutto pronto, buono e pensato per me, 
quello di un bicchiere di vino o bollicine bevuto con una persona che mi piace davvero, 
che non importa se sia bianco, rosso o rosato perché sa solo di emozione
e quello di un bacio appassionato, 
che se dato bene non c’è gusto che vorrei rimanesse addosso più a lungo. 

il rumore delle lamiere che si accartocciano davanti al mio viso e sotto il mio culo, 
che anche se sono passati due anni mi fa pensare a quanto sia sta fortunata quel 5 maggio 2013, 
quello che sento dall’altra parte del muro della camera da letto, 
che mi fa un po’ innervosire e un po’ sorridere se penso a tutti gli uomini (o cani) che ho sentito russare 
e quello della canzone che credevo di aver tolto da tutte le playlist perché mi ricorda uno stronzo, una fine o un momento difficile,
che all’improvviso compare nelle cuffie mentre corro e penso, che si fotta, ce l’ho fatta o meno male che è finito, a seconda dei casi. 

lo sguardo che si fissa quando il cielo è colorato di rosa, 
che anche se sono tra le montagne mi catapulta davanti alle gru del porto - e questo basta per farmi sentire a casa a 400 km di distanza, 
quello che si indurisce innanzi a un rimprovero che credo di non meritare, 
che mi fa tornare a quando mi veniva data una colpa che in realtà aveva mio fratello o all’immancabile “è la prof. che mi odia” per cercare di giustificare note di demerito o voti drammatici
e quello che si intristisce quando vedo una vecchia foto, leggo una lettera usurata dal tempo o interpreto un messaggio sul telefono, 
che mi fa ripensare a un momento triste, a una felicità che non c’è più o a quando mi sono  sentita così sola. 

il tocco del lenzuolo di un letto appena fatto e ben rimboccato quando vado a dormire la sera, 
che mi fa pensare a quando non toccava a me quest’inutile ma necessaria rottura di coglioni,   
quello dell’acqua salata quando immergo i piedi nel mare, 
che in qualsiasi parte del mondo sia, torno per un attimo a Genova quando avevo 3, 7 , 15 o 23 anni
e quello di una mano che mi sfiora ogni volta che devo attraversare la strada, 
che le rare volte che succede ancora sento la mano di papà che prende la mia a ogni semaforo, nonostante avessi 20 anni. 

il profumo di cosmetici che mi fa pensare al rossetto della nonna, 
il sapore di focaccia calda che mi riporta alle colazioni delle 5 del mattino dopo serate importanti , 
il rumore dei tacchi della stronza che vive sopra di me che, oltre a farmi incazzare, mi catapulta alla sera più brutta della mia vita, 
i colori della Samp che ogni volta che vedo mi fanno viaggiare lì, dove ho vissuto emozioni inspiegabili 
e il tocco forte di un abbraccio stretto che solo il nonno mi ha sempre abbracciato così, fino quasi a togliermi il fiato. 

ecco, sono queste le mie madeleines, le sensazioni che mi fanno viaggiare indietro, 
mi fanno sorridere, commuovere o incazzare. 

poi, come se niente fosse, mi riportano qui. 
dove devo stare.