giovedì 5 marzo 2015

les madeleines

ho scritto più volte dei ricordi, della memoria che non fa selezione, 
delle emozioni che ti travolgono all’improvviso quando meno te lo aspetti, 
di quello stimolo insignificante che ti attraversa per meno di un minuto ma è capace di farti tornare indietro di decenni, quasi fosse una piccola Delorean istantanea. 

il profumo del balsamo al cocco tremendamente anni 80 che vado ad annusare intenzionalmente quando sono da Bolle e Sapone che mi manda dritta al mare di Sori, unica bambina con Tod e Nucs in una compagnia di amici adulti, 
quello che è rimasto su un vecchio maglione che mi mettevo per far dormire Lefty, 
che mi ricorda quanto bene può esistere tra esemplari di razze così diverse
e quello che cerco di sentire con tutte le energie perché è il risultato di più elementi, 
che mi conferma che il dolore per chi ha perso una persona non passa ma diventa solo abitudine. 

il sapore del piatto che la mamma mi prepara quando ci vediamo,  
che qualsiasi esso sia mi riporta a quando tornavo da scuola ed era tutto pronto, buono e pensato per me, 
quello di un bicchiere di vino o bollicine bevuto con una persona che mi piace davvero, 
che non importa se sia bianco, rosso o rosato perché sa solo di emozione
e quello di un bacio appassionato, 
che se dato bene non c’è gusto che vorrei rimanesse addosso più a lungo. 

il rumore delle lamiere che si accartocciano davanti al mio viso e sotto il mio culo, 
che anche se sono passati due anni mi fa pensare a quanto sia sta fortunata quel 5 maggio 2013, 
quello che sento dall’altra parte del muro della camera da letto, 
che mi fa un po’ innervosire e un po’ sorridere se penso a tutti gli uomini (o cani) che ho sentito russare 
e quello della canzone che credevo di aver tolto da tutte le playlist perché mi ricorda uno stronzo, una fine o un momento difficile,
che all’improvviso compare nelle cuffie mentre corro e penso, che si fotta, ce l’ho fatta o meno male che è finito, a seconda dei casi. 

lo sguardo che si fissa quando il cielo è colorato di rosa, 
che anche se sono tra le montagne mi catapulta davanti alle gru del porto - e questo basta per farmi sentire a casa a 400 km di distanza, 
quello che si indurisce innanzi a un rimprovero che credo di non meritare, 
che mi fa tornare a quando mi veniva data una colpa che in realtà aveva mio fratello o all’immancabile “è la prof. che mi odia” per cercare di giustificare note di demerito o voti drammatici
e quello che si intristisce quando vedo una vecchia foto, leggo una lettera usurata dal tempo o interpreto un messaggio sul telefono, 
che mi fa ripensare a un momento triste, a una felicità che non c’è più o a quando mi sono  sentita così sola. 

il tocco del lenzuolo di un letto appena fatto e ben rimboccato quando vado a dormire la sera, 
che mi fa pensare a quando non toccava a me quest’inutile ma necessaria rottura di coglioni,   
quello dell’acqua salata quando immergo i piedi nel mare, 
che in qualsiasi parte del mondo sia, torno per un attimo a Genova quando avevo 3, 7 , 15 o 23 anni
e quello di una mano che mi sfiora ogni volta che devo attraversare la strada, 
che le rare volte che succede ancora sento la mano di papà che prende la mia a ogni semaforo, nonostante avessi 20 anni. 

il profumo di cosmetici che mi fa pensare al rossetto della nonna, 
il sapore di focaccia calda che mi riporta alle colazioni delle 5 del mattino dopo serate importanti , 
il rumore dei tacchi della stronza che vive sopra di me che, oltre a farmi incazzare, mi catapulta alla sera più brutta della mia vita, 
i colori della Samp che ogni volta che vedo mi fanno viaggiare lì, dove ho vissuto emozioni inspiegabili 
e il tocco forte di un abbraccio stretto che solo il nonno mi ha sempre abbracciato così, fino quasi a togliermi il fiato. 

ecco, sono queste le mie madeleines, le sensazioni che mi fanno viaggiare indietro, 
mi fanno sorridere, commuovere o incazzare. 

poi, come se niente fosse, mi riportano qui. 
dove devo stare. 




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