martedì 22 dicembre 2015

lacrime d'amore

insomma, ero lì che passeggiavo a 6.7 km/h in corso Italia quando ho sentito un suono strano. 
strano ma comune, molto comune. 
di quei suoni che non capisci da dove o da chi vengano, 
ma che in qualche modo sai ti appartengano. 

poi l'ho vista: era seduta su una panchina con gli occhiali da sole 
e una sciarpa enorme che stonava con l'insolito clima mite di un 20 dicembre qualsiasi a cercare di coprire la fonte di quel verso, che altro non era che un singhiozzo. 

ecco perché quel suono mi era familiare, perché anche io ho sempre riversato le mie lacrime in luoghi pubblici alla mercé di sguardi compassionevoli di sconosciuti piuttosto che tra le braccia di un'amica.

avrei voluto dirle tante cose, ma soprattutto l'ultima verità che ho imparato: 
in amore si piange per sé stessi, non per gli altri. 

non piangi per la persona che ti ha fatto soffrire 
ma piangi per liberare un'emozione. 
e le emozioni, qualsiasi esse siano, sono un segnale di vita. 

non piangi per la perdita di una storia d'amore, 
ma piangi per il sentimento che tu hai dato a una persona. 
che poi si è rivelata essere sbagliata per te. 

non piangi per recriminare un dolore che ti ha procurato, 
ma piangi per liberare il tuo. 
che riguarda così intimamente la tua persona, che quando lo capisci sai di esserne uscito. 

non piangi per la parola fine a un sogno che credevi comune, 
piangi per le aspettative in un futuro che tu pensavi di poter costruire. 
che è una cosa solo tua, probabilmente neppure mai condivisa.

non piangi per lui o lei, 
piangi a causa sua

si piange per sé stessi e non per gli altri. 
si piange perché ci amiamo e siamo egoisti e vogliamo solo il meglio per noi. 

ecco cosa sono le lacrime d'amore: 
un modo per guardarci allo specchio e dirci "ti voglio bene".






martedì 15 dicembre 2015

diapositive di famiglia

il mio ciao mamma stupito in piazza De Ferrari, 
una voce tra i mille cori per festeggiare il quarto posto, 
la sorpresa di scoprire quanto c'è di noi anche in quello. 

Carolina sei un po’ pallidina detto dal nonno Franco, 
il suo cappello da cowboy bianco, 
il suo abbraccio così stretto da farti il solletico.

Ste ed io chiusi dentro il castello delle streghe al luna park di Novi Ligure a causa di un black out, 
il mio tentativo di ostentare sicurezza nonostante la situazione, 
la certezza di non avere ricordi prima di lui. 

il profumo del rossetto della nonna Luisa, 
il suo sorriso così grande da diventare un abbraccio, 
la sua goccia di caffè nella zuccheriera per rendermi partecipe di quel momento tra grandi. 

la presenza a ogni concerto dei White Shiver, 
il mio impeccabile ruolo di attempata groupie ma per Nucs questo e altro,
tutti i drink offerti dai baristi dei locali.

la merenda della bisnonna Vincenza dopo lo sci,
il suo bacio in fronte nonostante fosse quasi più bassa di noi,
l’accento bergamasco ogni volta che parlava con il nonno Piopà.

in macchina con Paolo per le stradine sterrate di campagna, 
il suo “allacciati la cintura che sfondiamo il limite”,
le scommesse all’ippodromo di Pozzolo Formigaro. 

lo zio Ale che mi prende a cavallo durante una fiaccolata a san Candido, 
così piccola da potergli salire sulle spalle, 
così fortunata da fare quell’ultimo pezzo di pista dall’alto. 

un aperitivo a caso con lo zio Fede, 
i nostri confronti, le nostre risate e le confidenze, 
quei gin tonic solo con il bombay che hanno fatto credere a un amico che fossimo fidanzati.

Carolina muoviti detto dal nonno Johnny  esasperato dalla mia lentezza nel bere il caffè latte la mattina, 
la varicella che ci ha fatto conoscere un po' meglio
e averlo sempre considerato come un figo pazzesco. 

papà che mi apre la porta di casa sorridendo, 
la sigaretta in mano, un foulard rosa a coprire la ferita, la barba un po’ lunga
e io che penso Adri, sei bellissimo

lunedì 7 dicembre 2015

leggero, come l'olio sull'acqua

c' è un attimo nella vita di una persona che sta cambiando, si sta assestando o vorrebbe ristrutturarsi, in cui tutti i macchinosi pensieri di rinnovo, rimpianto o rimorso si annullano per non tornare più. un attimo in cui non si pensa a niente e, finalmente, ti senti leggero. 

leggero, come quando ti viene da sorridere mentre pulisci casa, e di norma non c'è un cazzo da sorridere perché è una cosa che odi, 
come il vento freddo di mattina, che ti sveglia senza farti arrabbiare, 
come la piuma di una giacca invernale che ti passi sul viso per vedere se soffri ancora un po' il solletico. 

leggero, come quando ti svegli felice per un sogno che hai fatto, 
come trovare una foto che non ricordavi più di avere, un po' per caso ma forse anche per destino, 
come riuscire finalmente ad ascoltare una canzone senza diventare triste anche se ti ricorda qualche testa di cazzo che è uscita malamente dalla tua vita. 

leggero, come lo zucchero a velo sparso su una discutibile torta assemblata senza cognizione di causa, 
come un profumo che senti per strada addosso a uno sconosciuto e vuoi sapere assolutamente di quale si tratta, così, per soddisfare la tua curiosità, 
come il gusto di un abbraccio con la tua amica di sempre. 

leggero, come ricordare un giorno della tua vita e pensare "com'ero felice", 
come togliersi gli scarponi dopo aver sciato, 
come un negroni con un amico che vedi poco ma senti molto spesso. 

leggero, come decidere finalmente che è ora di partire da soli, 
come quando hai deciso di ristrutturarti, prima fuori e poi dentro, 
come il soffio di un sospiro non tuo all'orecchio. 

leggero, come sapere di aver superato anche quello, 
come volere il bene delle persone che non fanno più parte della tua vita, 
come la mail di Giulia che manda l'oroscopo. 

leggero, come una cena con gli amici e un messaggio inaspettato, 
come ritirare il passaporto perché stai per partire e il regalo di San Nicolò, 
come la neve attaccata agli sci e il profumo di vin brulè. 

leggero, come le luci di Natale, 
come tornare a casa, 
come l'olio sull'acqua. 

leggero, come il vestito migliore. 
leggero, come me ora.