venerdì 29 gennaio 2016

almeno credo

credo nei grazie. ogni volta che si ha occasione di dirlo. 
grazie per avermi passato l’olio, grazie per avermi regalato un oggetto che volevo, 
grazie della telefonata e grazie per avermi sopportato quando facevo la stronza. 
credo nel dire grazie, per un gesto passato, un fatto presente e per quello che sarà in futuro. 

credo negli abbracci. in tutti i tipi di abbraccio
gli abbracci tristi di quando senti il bisogno di piangere 
e quelli di felicità, che magari era un po’ che non vedevi una persona e stringendola ti sembra di ricambiare le parole non dette, 
quelli di notte, mentre un po’ dormi, un po’ sogni e un po’ chissà 
e credo che quelli dati senza motivo un attimo all’improvviso siano i migliori. 

credo nei vaffanculo. sia come terapia che come liberazione ma soprattutto come diritto inalienabile.
nei vaffanculo urlati a gran voce quando vai allo stadio per vedere il derby, 
in quelli pensati mentre butti giù il telefono a un fidanzato che dice la cosa sbagliata in un  momento sbagliatissimo, 
in quelli scritti su un foglio di carta che nascondi nell’agenda di lavoro che così non li perdi 
e in quelli generici, detti o pensati senza un motivo particolare, la cui sola e vitale funzione è concederti di respirare.  

credo nella musica. in tutte le sue forme. 
nella musica che ti tiene compagnia quando il rumore della casa vuota unito alla rottura coglioni di fare le pulizie fa passare in fretta quei momenti drammatici, 
in quella che balli in un appartamento buio all’alba di un giorno che sta per arrivare con la persona che ti piace, 
nei brani che ascolti per caso e sono capaci di portarti indietro nel tempo e lasciarti addosso la stessa identica sensazione provata allora 
e credo che non sia giusto giudicare le persone a seconda dei loro gusti musicali, tuttavia ritengo che lasciarmi una canzone dei Pooh in segreteria per cercare di conquistarmi sia stato un ottimo motivo per concludere un’improbabile relazione. 

credo nella famiglia, negli amici e nelle persone di sesso maschile che hanno in qualche modo fatto parte della mia vita, 
credo nell’impegno, nella capacità di riuscire a cambiare e nei sogni che non ho ancora fatto, 
credo nella Sampdoria, nel mio Paese e credo che cambiare in meglio sia possibile. 

credo nelle emozioni, in particolare le mie, nel potere delle parole e nella gestione dei pensieri, 
credo nei viaggi, nel cibo buono e nelle strette di mano, 
credo che ci sia qualcosa di bello per me, per le persone a cui voglio bene e per chi se lo merita. 

credo nell’amore, 
per questo sono sola.

martedì 26 gennaio 2016

CARE's per me

per essermi stravolta come forse mai mi è accaduto prima, 
per gli occhi fissi su un pc e le mani anchilosate, 
per aver mangiato solo panini a un evento culinario-ma-non-solo così straordinario 
e per aver dormito così poco e male che in realtà è come se non lo avessi mai fatto. 

per aver guidato su stradine del cazzo ed essere passata dal Pordoi per tornare a casa, tra consapevolezza di essere idiota e rilassamento da “è finita", 
per essere stranamente sopravvissuta a temperature  che non mi hanno impedito di uscire a fumare, 
per non aver sciato in un posto con la neve, vera eresia per una che azzarda una discesa anche nel deserto di Abu Dhabi
e per aver avuto la netta sensazione di poter perdere le mani quella mattina che ho dimenticata i guanti nell’albergo. 

per aver conosciuto tutti gli incredibili ospiti solo attraverso il deprecabile filtro informatico, croce e delizia della mia vita, 
per aver potuto solo intuire la meraviglia delle loro creazioni, la passione nei loro movimenti e la soddisfazione nella riuscita del loro lavoro, 
per aver perso la possibilità di stringere la mano al mio Chef preferito in assoluto, il cui fascino mi magnetizza anche solo da lontano
e per aver imparato che quando pensi di essere troppo stanca per stare in piedi e ti addormenti sul tavolo, significa che è ora di andare a dormire, davvero. 

per aver capito che le cose date per scontate sono quelle che non ti vengono riconosciute, 
per aver stretto amicizia con persone appena incontrate, 
per aver chiacchierato su una terrazza con uno personaggio davvero forte che mi ha fatto quasi piangere con un “meriti di più” che chissà da dove è uscito, 
e per la sensazione di non aver colto un’occasione, ma forse è stato meglio così. 

per aver rotto i coglioni a mezzo ufficio e per aver imparato un po’ di più,
per essere stata parte di qualcosa più grande di me, ok, a discapito della mia sanità mentale, ma tant’è,
per essermi innamorata dell'intera categoria di chi cucina per professione,
per tutto questo e per tutto quello che non ho scritto. 

Grazie CARE's, e anche un po' prego. 

martedì 12 gennaio 2016

della mia vacanza

di come sia stato irritante impiegare mezz’ora a chiudere la valigia prima di partire, 
dei vestiti piegati con cura immaginando poi chissà cosa, 
della sorpresa di non temere più l’aereo, il viaggio, la presunta solitudine. 

di ritrovare l’amico di famiglia e di incontrarne di nuovi stabilendo con loro un feeling inaspettato, 
di come sia naturale stare bene in mezzo a persone di tutte le età, 
dell’aver trasformato i miei compagni di viaggio in amici, di quelli che quando torni a casa poi ti mancano. 

di come sia stato soffice e liberatorio mandare a fanculo il 2015 da un punto qualsiasi in mezzo al mare, 
del messaggio della mamma che è arrivato a mezzanotte precisa fregando così il fuso orario, 
della ceasar salad con l’aragosta che ha accompagnato ogni singola e splendida, cena all’11° piano della mia Fortuna. 

dell’atterraggio a Dubai, tra eccitazione e lucine, dei Lady Taxi e della cafonaggine dei maschi, 
del centro commerciale, dei giochi di luce sotto il Burj Kalifa e di quel gin tonic sorseggiato al 63° piano di un albergo che qualche ora dopo è bruciato,
di quella sigaretta fumata sul balcone della mia cabina davanti allo skyline mentre sussurravo “non ci credo, sono qui”. 

dei colori di Muscat, di quel mare così intenso e selvaggio, d’accordo, ma assaporato da un super resort, 
della storia dell’Oman, di cui onestamente ignoravo tutto e dei racconti sull’amore della popolazione nei confronti del sultano, 
del tramonto mozzafiato che ho ammirato prima di partire, quando poi a un certo punto mi sono trovata in acque iraniane e ho sentito il bisogno di farmi un aperitivo. 

di Abu Dhabi, dei colori delle dune e dei riflessi della sabbia, della jeep che le cavalca e dei cammelli che spuntano da ogni angolo e ti guardano curiosi, 
del vento che ti spettina e che ti fa masticare i granelli così fini che sembrano polvere di terra, del fuoco e del freddo, 
di un Sole così Sole che mi è sembrato di vederlo per la prima volta e di quelle stelle, così luminose che la sensazione di essere lì in mezzo al nulla ha lasciato il posto a una meravigliosa serenità. 
di come non riesco a parlare troppo del deserto perché è stata un’esperienza così intensa che voglio tenere un po’ per me. 

dei fiordi di Khasab, delle piccola barche che sfrecciavano velocissime di fianco al nostro finto Dhow, 
dei villaggi dove l’acqua viene portata la mattina, così piccoli ma così pittoreschi e del bagno in quell’acqua così salata e così blu e così mare, 
dei delfini che ci hanno accompagnato per un pezzo e del vento gelido al rientro che non è riuscito a farmi pentire di essermi goduta quell'escursione.

della fantastica presenza di Titty, della palestra con Pia e dei nostri commenti sui suoi frequentatori, dell’amicizia sincera nata con Beina nonostante l’età e della nostra immediata complicità.

delle risate incontrollabili con Venucia e delle foto strabilianti di Marly, due persone così straordinarie che resteranno nel cuore,
dell’improbabile figura a cui ho assistito quando abbiamo conosciuto Andrea e della sua brillantezza nell’accettarla.

di Carlos e di come mi abbia tenuta a parlare fino alle 5,30 del mattino in una lingua che non conosco per poi dirmi “sarà meglio che vada da mia moglie”, 
di un accento inconfondibile che quell’ unica occasione ha reso stranamente piacevole e di quella frase sussurratami all’orecchio la mattina del primo giorno del 2016, 
forse una tra le più soffici che abbia mai sentito, che più o meno diceva “aspetto che ti addormenti e me ne vado”. 

di quando siamo partiti e, come ogni crociera, sono salita sul ponte per vedere le manovre con papà, 
di quando sono tornata e, come dopo ogni viaggio, ho capito dove voglio andare, cosa voglio fare e chi voglio avere.