martedì 10 novembre 2015

di Londra e di cosa mi sono un po' innamorata

di quel padre con gli occhi azzurri e la camicia a quadri che accompagnava la figlia dalla sua mamma a Londra per poi tornare indietro lo stesso giorno,
di come la guardava e le parlava un po’ in italiano e un po’ in inglese, 
dei progetti che faceva per Natale e Capodanno “che magari ti vengo a prendere in macchina così ci fermiamo una notte a Parigi”, 
di quelle tre birre che ha bevuto durante il volo per non pensare che dicembre è troppo lontano. 

di quei ragazzi conosciuti sul treno di andata, carichi per il loro week end libero da mogli, compagni, figli e cani, 
del modo di scherzare, parlare, ridere e sorridere così simile a quello dei bambini quando sanno di dover andare a Gardaland, così proprio del genere maschile, 
degli abbracci tanto calorosi quanto incomprensibile al momento dei saluti 
e del viaggio di ritorno passato di nuovo con loro a discutere sul perché le donne siano così rompicoglioni ma se non lo fossero gli uomini non le vorrebbero. 

di quel fighissimo uomo che nel mezzo di una cena thailandese ha salvato un suo amico che stava soffocando, 
della estrema naturalezza con la quale ha fatto la manovra di Heimlich per poi sedersi sorridente come se nulla fosse successo, 
dell’ammirazione che ha guadagnato dalla tipa che gli era di fianco, dal suo amico e, perché no, da tutti i presenti, 
del fatto che io abbia mangiato i noodles, ormai riconosciuti come potenziali killer, con estrema tranquillità 
e di aver preso seriamente in considerazione di diventare biondo platino come la sua fidanzata. 

di Oxford e di quei ragazzi che vivono nella storia e, al tempo stesso, puntano a farla la storia un giorno, 
delle tradizioni britanniche che, per quanto a volte risultino odorare di naftalina, emanano un fascino davvero magnetico
delle mie mal celate lacrime che confermano la mia odiosa emotività, 
del livello di bellezza degli amici di mio fratello, davvero molto alto.

del nero della mia macchina, che quando parto per tornare mi fa vedere il tramonto riflesso sulla portiera ogni volta che sto per sorpassare

2 commenti:

  1. la poetica delle piccole cose è una costante di quello che scrivi, però questo pezzo mi sembra davvero uno dei più minimali. e mi piace molto. cinque immagini semplici, cinque istantanee scattate con una di quelle vecchie macchine usa e getta. zero retorica, neanche quando potresti usarla (oxford e la laurea di tuo fratello - mi sono fatto un po' di cazzi tuoi su fb e ho visto le foto ;-) ) e, magia, la retorica non sembra di sentirla neppure in quella frase dove uno sarebbe sicuro di trovarne il sapore "di quei ragazzi che vivono nella storia e, al tempo stesso, puntano a farla la storia un giorno", che scorre via naturale come i noodles, il biondo platino e gli amici fighi di tuo fratello. insomma parli di "londra" e non di "Londra", se si capisce che cosa voglio dire. tanto che due scene si svolgono in aeroporto, una in un ristorante che potrebbe essere ovunque (forse), poi c'è la tua macchina e solo Oxford è tipicamente inglese. eppure, ed è questo il bello, dietro londra e quelle immagini apparentemente insignificanti, si percepisce Londra e tutto quello che rappresenta.

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  2. (perdona il commento da wannabe critico letterario, no lo faccio più giuro)

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