sabato 28 gennaio 2017

I 5 sensi di #CARE_s + 1

il profumo della Ciasa della Cultura, 
che sarà che ci sono stata barricata ore e ore nel 2016, lo trovo sempre inconfondibile, 
quello dei pasti che non ho mangiato ma che comunque ho apprezzato, 
che mi sono ripetuta più di una volta di essere un po' stronza a non scendere mezz'ora almeno per un cin cin, 
e quello delle persone che ho conosciuto, 
che il profumo, soprattutto se piace, è il miglior modo per distinguere qualcuno. 

la vista delle montagne, 
che non saranno proprio le mie cime pusteresi ma sempre di Dolomiti si tratta, 
quella dedicata a scambi di sguardi intensi, 
a chi conosci già e sai che ti mancherà, a chi stai per conoscere in una sala fumatori, a chi stai per salutare definitivamente, che forse è meglio non guardare, 
quella sempre rivolta in sù al rientro in albergo, 
che stelle che brillano che di più non si può è raro trovarne. soprattutto -15°.

il tatto attraverso il viso, 
nel senso che sentire il cuscino dove mi coricavo è sempre stato il momento migliore - o quasi - delle mie giornate, 
quello dell'abbraccio finale con la mia socia-collega-amica, 
che ogni anno si fa più stretto e lungo e liberatorio (e mi mancherà, diavolo se mi mancherà), 
quello delle strette di mano, 
di qualsiasi occasione si sia trattata, che dalle strette di mano si sa: si capiscono molte cose.  

il rumore delle voci degli altri, 
che a volte era dolce, altre furioso, altre ancora non importava trovare un aggettivo per descriverlo, 
quello delle cucine nelle quali ho fatto incursione, 
che trasudava passione, preoccupazione e vita, 
quello del telefono a cui ho sempre risposto, 
con un sorriso silenzioso che veniva spesso percepito. 

il sapore di cose nuove, 
che non parlo solo di pietanze, ma anche di persone, 
quello di cose buone allungatemi per permettermi di sopravvivere, 
che si sia trattato di strabiliante riso al pomodoro o gin tonic o una sigaretta girata velocemente poco importa, 
quello delle mie lacrime salate, 
che per riuscire a farmi piangere di rabbia ce ne vuole, ma c'è chi ci si è dedicato. 

il senso di concludere un'esperienza impegnandomi e dedicandomi come se fosse ancora mia, la consapevolezza di aver fatto la scelta giusta ad andar via. 


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